Un quadro a tinte fosche quello di Primo amore. Un monologo drammatico pieno di erotismo e sensualità. Ed è una storia d’amore. Che sia poi tra due uomini è solo un dettaglio.
Il testo è di Letizia Russo, una delle più note e apprezzate voci della drammaturgia italiana, che lo ha presentato al festival gay Garofano Verde, una rassegna diventata nel corso degli anni uno dei fiori all’occhiello dell’amministrazione capitolina.
Laura Nardi, poco prima sorridente e aggraziata, in scena diventa un uomo e si veste di quella mascolinità – a tratti aggressiva – che ci fa entrare di colpo nella mente di quell’uomo che vaga e si guarda intorno, smarrito e meravigliato al tempo stesso. E ha inizio il viaggio. Un viaggio sentimentale e geografico.
Un uomo ritorna nella città della sua giovinezza e riattraversa quei luoghi che gli rinnovano sentimenti, pensieri e immagini dimenticate.
Si ritrova in un bar e riconosce, nel cameriere che lo serve, il ragazzo che a quindici anni gli fece scoprire l’amore. La meraviglia, la gioia e poi la rabbia, l’eccitazione, il desiderio, fino alla follia, prendono forma sul palco del teatro. Laura Nardi ha la capacità di portare per mano la platea attraverso il riaffiorare della memoria.
E cominciano i frammenti. Una stanza in cui due amici si scambiano furtive carezze, prima quasi casuali, poi invece volute, calcolate. Nell’intimità di quattro mura i due uomini si cercano, si trovano, si tormentano fino quasi alla violenza. Gli incontri sono impetuosi al limite dello scontro fisico. I bottoni della camicia saltano, uno dopo l’altro e solo il giorno dopo verranno riattaccati. L’atmosfera è buia e la scena essenziale, solo una sedia e una Laura Nardi imbruttita. Ma struggente. “È un omaggio al cuore libero dell’uomo – così Letizia Russo definisce Primo amore – una pietra lanciata contro qualsiasi ghettizzazione dei sentimenti“.
Elisa Giacalone