Titolo: Mai ci fu pietà – La banda della Magliana dal 1977 a oggi
Autore: Angela Camuso
Editore: Editori Riuniti
Anno: 2009
Pagine: 439
Prezzo: € 15,00
ISBN: 9788835980223
Una malavita che non si è mai estinta quella della Magliana. Che di romantico ha ben poco, a dispetto del mito creato e alimentato da cinema e fiction. Suggestiva l’idea secondo cui i banditi della Magliana sarebbero stati i padroni di Roma. Ma non è la realtà. Lo racconta bene Angela Camuso, giornalista di nera e giudiziaria, in Mai ci fu pietà – La banda della Magliana dal 1977 a oggi (Editori Riuniti, 2009). Un reportage che si fa forte dell’utilizzo esclusivo delle fonti e colma un vuoto lasciato da molti che, pur occupandosi dell’argomento ‘Magliana’, hanno deciso di non dire la loro.
Alla presentazione di Milano, al Mondadori Multicenter, presenti Paolo Mieli, attualmente Presidente di RCS libri, il giornalista Enrico Mentana, il giudice Guido Salvini. E, dulcis in fundo, uno dei protagonisti del libro, uno dei capi storici della banda, attualmente agli arresti domiciliari, e che ha avuto nelle vicende giudiziarie, oltre che il ruolo di imputato anche quello di collaboratore di giustizia, condannato poi in via definitiva per numerosi delitti: Antonio Mancini, detto l’Accattone.
I banditi sono nati in borgata, si conoscono sin da piccoli e sono figli del popolo e della miseria. Usura, riciclaggio, ricatti, rapine e delitti su commissione. Politici, magistrati, avvocati, carabinieri, poliziotti e alti prelati, per denaro o per potere, hanno venduto l’anima a Cosa Nostra, alla camorra, al terrorismo neofascista, ai Servizi Segreti deviati.
Un condottiero del gruppo era certamente Enrico De Pedis, alias Renatino, che iniziò a ripulire fiumi di denaro e che creò a Roma, capitale del riciclaggio, quel modello di criminalità imprenditoriale che ancora oggi è dominante. Poi c’erano banchieri come Roberto Calvi, a capo della più grande banca privata italiana. Così come Enrico Nicoletti, cassiere, un nome che è diventato un ritornello in ogni indagine. E ancora ecclesiastici di ogni livello: dal sacerdote che ha favorito la sepoltura di De Pedis a Santa Appolinare, all’arcivescovo Markincus e allo Ior (Istituto per le Opere di Religione, la banca vaticana ndr.). C’erano poi i politici e i servizi segreti che liberarono Abbruciati dal carcere. Un quadro allucinato, insomma, della Roma in bianco e nero, con mani e piedi negli anni di piombo, con i cinema porno che si sostituivano alle sale parrocchiali, le periferie che da luoghi solidali diventavano terreno di coltura degli spacciatori di droga. E che spacciatori: narcotrafficanti da centinaia di chili l’anno.
La giornalista de L’unità ha analizzato centinaia di verbali e ha ricostruito con ampia documentazione la storia della banda della Magliana. E lo ha fatto con coraggio e determinazione, senza risparmiare nomi, con un preciso, quasi ossessivo, rimando a sentenze e processi che tuttavia non appesantiscono una scrittura scorrevolissima che trascina dalla prima pagina all’ultima. Ci hanno raccontato che la banda finì per autodistruggersi, decimata prima da una faida interna e poi da una catena di ‘pentimenti’. Non è così per Antonio Mancini che fa intuire che troppi fatti sono rimasti sommersi e che la banda della Magliana agisce ancora. Le ultime pagine di Angela Camuso, non a caso, fanno presagire un to be continued.
Elisa Giacalone