InGalera, il primo ristorante in Italia all’interno di un carcere

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È il primo ristorante in Italia all’interno di un carcere. Si chiama inGalera e si trova nella Casa di Reclusione di Bollate, in provincia di Milano. Un locale accogliente, di certo alternativo, in cui si mangia anche bene. Formula “quick lunch” a pranzo e menu alla carta la sera. Cinquantadue posti a sedere, aperto a pranzo e a cena, sei giorni su sette, chiuso soltanto la domenica.

Camerieri, aiuto cuochi e lavapiatti sono detenuti, con un regolare contratto di lavoro. Sono stati selezionati tra novanta candidati, mediante un bando di concorso distribuito in tutti i reparti del carcere. Fondamentale è non avere dipendenza da alcol, droga, psicofarmaci e aver scontato un terzo della pena, in modo da ottenere la misura alternativa dell’art. 21 dell’Ordinamento penitenziario, che permette ai detenuti di uscire dalle mura carcerarie per lavorare. In questo caso, ai neoassunti basterà percorrere pochi metri per raggiungere il luogo di lavoro.

Lo chef Ivan Manzo, originario di Caserta ma brianzolo d’adozione, non è detenuto così come non lo è il caposala Massimo Sestito. Insieme guidano una squadra d’eccezione che ogni giorno soddisfa anche i palati più esigenti. Il menu alla carta offre prelibatezze della tradizione italiana: dal tortino di riso con bocconcini di ossobuco, ai testaroli toscani al pesto e crema di peperoni; dalle pappardelle alle castagne con ragù di cervo alla grappa e ribes, alla coscetta di faraona farcita con belga e nocciole. Da provare sono sicuramente i dolci: tra gli altri, il tiramisù con crema di nocciole e il semifreddo ai lamponi con cioccolato bianco e salsa al gianduia.

Il locale, dai colori tenui e dal design minimalista, è nell’ex sala convegni della polizia penitenziaria, concessa in comodato d’uso dalla direzione del carcere e completamente rinnovata per accogliere gli ospiti. L’atmosfera serena e i piatti raffinati farebbero dimenticare di essere all’interno di un carcere, se non fosse per la cucina che si intravede al di là delle sbarre e per le locandine di alcuni film appese alle pareti: Fuga da Alcatraz, Le ali della libertà, Il Miglio Verde.

Arredamento a parte, InGalera è soprattutto un’opportunità, un esempio innovativo e concreto per la rieducazione dei detenuti e il loro reinserimento nella società. A lanciare la sfida è Silvia Polleri, presidente della cooperativa sociale “ABC La Sapienza in Tavola”. Sfida che è diventata una vera e propria impresa sociale grazie alla collaborazione con PwC Italia, colosso mondiale dei servizi professionali, e al sostegno di Fondazione Cariplo e Fondazione Vismara.

“Il progetto muove i primi passi nel 2004 – racconta Silvia Polleri – quando fu costituita l’impresa di catering, per fornire servizi ad aziende pubbliche e private. Poi, nel 2012, si concretizzò l’idea della scuola con la collaborazione dell’Istituto Alberghiero Paolo Frisi, da cui l’anno prossimo usciranno i primi diplomati. Oggi, il ristorante è una realtà e ne siamo orgogliosi. Volevamo creare uno spazio di lavoro reale – continua – dimostrando ai detenuti stessi che le loro conoscenze, i loro apprendimenti potessero essere spendibili anche al di fuori del carcere, una volta scontata la propria pena. Non una forma di volontariato, ma un vero lavoro, con tutto ciò che ne consegue: un contratto, dei doveri, dei diritti e un corrispettivo per il servizio prestato”.

In uno scenario nazionale in cui il sovraffollamento e il degrado di molte carceri restituiscono uno scoraggiante quadro del livello di civiltà del nostro Paese, InGalera è una boccata di ossigeno, un ponte tutt’altro che metaforico “tra il dentro e il fuori”, un’opportunità per chi vi lavora ma anche per i clienti che potranno costatare la professionalità del personale, oltre che la qualità dei piatti proposti. Insomma, un’occasione per riflettere sul ruolo delle carceri, sul concetto di pena, sul compito dello Stato e soprattutto della società, una volta che il detenuto ha scontato la sua pena.

“Quando parti alla ricerca di una terra sconosciuta – puntualizza Silvia – puoi farlo in due modi: da pioniere o da pirata. Io e i miei collaboratori abbiamo sempre scelto il primo. Chi imprime il ‘fine pena mai’ a chi è stato in carcere è la società; noi, attraverso il ristorante e le altre iniziative del carcere di Bollate, vorremmo dimostrare che chi ha commesso un reato e sta scontando – o ha già scontato – la sua pena può ricominciare una nuova vita e, se ne ha la possibilità, ha il diritto a lavorare. Abbiamo creato un ristorante, come altri hanno fatto prima di noi. Nel nostro caso, sono le persone che vi lavorano a fare la differenza. È il loro passato con il presente che si portano addosso. Mi auguro che InGalera diventi un marchio forte e credibile e lavorerò con loro affinché ogni detenuto possa essere orgoglioso della professionalità che avrà acquisito e che, magari, sfrutterà una volta uscito”.

Che il progetto sia stato realizzato nella Casa di Reclusione di Bollate non è un caso, da anni fiore all’occhiello dell’intero sistema penitenziario italiano per l’innovativo sistema di rieducazione dei detenuti e quello con il più basso tasso di recidività d’Italia: a fronte di una media nazionale del 68%, nel carcere di Bollate la recidiva dei detenuti è del 17%. E meno recidive – conti alla mano – vuol dire anche risparmiare: meno arresti, meno processi, meno carcere.

Silvia Polleri, da sempre impegnata nel volontariato internazionale e milanese, dedica ormai tutte le sue energie al progetto, ma ha sempre un occhio di riguardo per i suoi collaboratori speciali. “Non dimentico mai – afferma – che io alla fine della giornata torno a casa mia e loro rientrano in cella. Avverto la loro privazione della libertà e questa consapevolezza non mi abbandona mai. Il nostro rapporto, seppur lavorativo, è innanzitutto umano”.

InGalera
Via Cristina Belgioso 120, Milano
Telefono 334 3081189
Prenotazione richiesta

Elisa Giacalone

da www.icanidareporter.it