Autore: Bruno Osimo
- Titolo: Dizionario affettivo della lingua ebraica
- Editore: Marcos y Marcos
- Anno di pubblicazione: 2011
- Prezzo: 16 euro
- Pagine: 303
Non capita spesso di approcciarsi a un dizionario e di sorridere. Tanto più se il dizionario riguarda la lingua ebraica. Ma con Bruno Osimo, che di mestiere fa il traduttore e che la teoria della traduzione la insegna all’università, succede.
Dizionario affettivo della lingua ebraica, edito da Marcos y Marcos, è il suo primo romanzo, il suo esordio nella narrativa. Il protagonista compie quasi un lavoro da archeologo. La sua infanzia è stata rimossa e, per individuare e allargare gli spiragli, usa le parole ebraiche imparate alle elementari.
Quarantacinque sono le voci che compongono il dizionario. Un numero non casuale se si pensa che quarantacinque, nella kabbalah, vuol dire ‘ebreo’.
Al centro del romanzo la madre. Una madre che parla una lingua tutta sua: il mammese. “Lei parla mammese – scrive Osimo – detto anche tampònico. Questa lingua non è ancora stata analizzata, ma consiste fondamentalmente nel fatto che non si descrive la realtà come appare, ma come apparirebbe se non facesse paura. Se non mettesse in imbarazzo. Se non facesse provare dei sentimenti. Più che una lingua, è una difesa. È uno smorzamento, un ammosciamento. È un’attenuazione. È un materasso, un respingente, un tampone.”
Bruno Osimo compie così un viaggio parallelo: nella lingua e nella memoria. E, attraversando entrambe, fa sì che la lingua ebraica si amalgami con il suo ricordo di “ebreo tra i non ebrei, diversamente ebreo tra gli ebrei“.
A condire il tutto una deliziosa vena umoristica che si insinua in ogni pagina e che diventa sarcasmo nella voce dedicata al padre, alla sua vita di studente universitario di razza ebraica. “Mio padre per ben tre o quattro anni poté frequentare con successo sia il politecnico, sia il casino di via Uberti, al quale evidentemente erano ammessi porci, cani ed ebrei. Un ebreo non poteva studiare nelle Regie Scuole, non poteva insegnare nelle Regie Accademie, ma un ‘membro di razza ebraica’ poteva trombare nei Regi Casini. Forse perché qui il rischio di contagio e diffusione della plaga giudaica era contenuto dal cosiddetto regal guanto”. Una sferzata di ironia, quest’ultima, che spinge a riflettere.
Elisa Giacalone